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Roccella Valdemone
Roccella Valdemone (Ruccedda Vaddemuni in siciliano) è un comune italiano di 628 abitanti della Città metropolitana di Messina in Sicilia.
Anticamente chiamata Auricella e Rocchella (dal latino medievale Roccella, piccola rocca), Roccella Mediterranea (anno 1676), quindi Roccella di Randazzo e infine Roccella Valdemone. Il nome “Valdemone” ha origine da una delle tre circoscrizioni amministrative in cui gli Arabi suddivisero la Sicilia, ossia dal Vallo di Demenna, che a sua volta discende dal latino Vallum (vallo). Il ritrovamento in territori vicini a Roccella, di monete greco-romane[3] fa supporre la presenza di antichi insediamenti umani. A monte dell’odierno abitato, nella valle del torrente Pillera, già sin dal 1112 esisteva il cenobio di San Nicolò di Pillera (anche Pallera), elencato come uno dei trentotto monasteri dipendenti dall’Archimandrita del SS. Salvatore di Messina e del quale non si sa nulla di certo prima di tale data. È molto probabile il collegamento tra il predetto cenobio e lo sviluppo urbano dell’attuale abitato. Nel periodo normanno la popolazione si avvicina stabilizzandosi attorno al castello, che diventa un centro strategico difficilmente espugnabile. La baronia di Roccella a quell’epoca risulta costituita da sette feudi e mezzo, offerti ai Baroni come ricompensa per servizi militari resi. Regnando Federico II d’Aragona nel 1296 Damiano Spadafora risulta barone di Roccella in forza di un antico possesso e non per una nuova regia concessione. La baronia diviene marchesato con Michele Spadafora, primo marchese con esecutorio dato in Palermo il 23 giugno 1579[4][5]. Con vendite del 15 febbraio 1628 ed 8 marzo 1631 il marchese di Roccella Francesco Spatafora trasferisce i feudi di S. Domenica, lo Porritto, Pozzoleo e Juncarà con tenuta Villano a Sebastiano Pagano, venendo così a strutturarsi una distinta signoria con vocazione autonomistica.[6] Lo stemma degli Spadafora, composto dal braccio destro armato di spada, tutt’oggi è raffigurato nel gonfalone comunale.[7] Nel paese ancor oggi è viva la suddivisione in quartieri che da epoca remota hanno segnato il centro urbano: Baglittu, Tingituria, Chiazza, Santamaria, Cruci e Stratuni. Una vasta frana a nord-ovest del paese, innescatasi intorno al 1955 subito dopo dell’avvio dei lavori per la costruzione della strada rotabile Roccella – Polverello, ha completamente travolto e distrutto tutto il quartiere Tingituria. Il territorio comunale che occupa quasi per intero il bacino imbrifero del torrente Roccella, con esclusione dell’areale del Bosco di Malabotta appartenuto da epoca remota al Comune di Montalbano Elicona, comprende le seguenti contrade: a nord Cassanita, Masinaro, Nocerazzo, Perino, Pillera e Revocato; a sud Bonvassallo (in cui a differenza delle altre esiste ancora la borgata), Germanà, Pecoraro, S. Giovanni; a est Daniele; a ovest Pietrorizzo, Lanzarite. Gli Spadafora (anticamente Spatafora) ne mantennero il possesso per vari secoli (con la dominazione alterna di Ruggiero Lauria, Bonaiuto o Bonamico Mangiante, Corrado De Castellis, Famiglia Gioeni, Francesco ed Ercole Statella)[8] fino al 1812 quando, mentre il paese era sotto la giurisdizione del marchese Domenico Spadafora Colonna ultimo feudatario della famiglia, il parlamento del Regno delle due Sicilie abolì il feudalesimo. Nel 1812 anche la borgata di Santa Domenica Vittoria cresciuta consistentemente per numero di abitanti fu unita, come sotto-comune a Roccella Valdemone. La borgata di Santa Domenica Vittoria viene separata dal Comune di Roccella Valdemone con Risoluzione Sovrana del 27 febbraio 1845[9]. Alla fine dell’Ottocento l’Arcivescovo di Messina Giuseppe Guarino, accogliendo le richieste di molti fedeli, decretava per la chiesa di Santa Domenica Vittoria in data 18 novembre 1890 l’erezione a parrocchia autonoma separata dall’Arcipretura di San Nicolò di Bari, intitolandola a Sant’Antonio Abate[9].