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Sant’Eufemia d’Aspromonte
Sant’Eufemia d’Aspromonte è un comune italiano di 4 031 abitanti[1] della città metropolitana di Reggio Calabria in Calabria.
Le origini del paese sono incerte. La presenza di tracce e di influssi greci nel dialetto, il toponimo Mistra, centro dell’antico abitato e nome di città greca, il culto per la protettrice Santa Eufemia Vergine e Martire, Santa originaria della Calcedonia, inducono a credere che i primi abitanti fossero greci. Il centro si sviluppò per il sorgere di numerosi monasteri di monaci venuti in Calabria fin dal 368. Nei secoli successivi l’arrivo di numerosi gruppi di monaci basiliani favorì il sorgere di molti monasteri: quello di Sant’Oreste, di Santa Eufemia, di San Luca, di San Bartolomeo dei quali restano dei ruderi e di cui parlano nelle loro opere il Fiore e il Marafioti.Il più importante di questi monasteri fu quello di San Bartolomeo di Trigona fondato da San Bartolomeo di Simeri verso la metà del secolo undicesimo, essendo il santo abate morto il 19 agosto del 1130. Un documento storico trovato nell’archivio di Stato di Napoli dall’eufemiese prof. Antonio Melardi ne attesta l’esistenza già nel 1102: “Nel 1145 si presentarono in Messina al Re Ruggero il Normanno due frati del convento di San Bartolomeo di Trigona, l’abate D.Filadelfo e il priore D.Stasio, chiedendo la rinnovazione di antichi sigilli, ossia diplomi di privilegi e di possedimenti, dei quali il cenobio godeva.Tali documenti in numero di diciannove erano quali in carta, quali in pergamena, ma tutti sbiaditi e laceri per vecchiezza. Tutti furono rinnovati ed alcuni anche ampliati per nuove concessioni: nel quinto di essi che è del 1102, si tratta del dono che un tal Roberto, feudatario, figliolo di Raone, faceva al monastero di San Bartomoleo di Trigona, di altri terreni e chiese, un mulino, il monastero di Sant’Eufemia, le terre di S. Oreste fino al fiume e fino alla via che viene da Sant’Eufemia.” Il monastero fu visitato nel 1457 da Atanasio Calceopulos, divenuto poi vescovo di Gerace –Locri nel 1461. Le ricchezze del monastero, aveva una rendita annua di 1500 ducati, attirarono l’interesse dei Ruffo di Sinopoli e il cenobio cadde sotto il loro dominio nel secolo sedicesimo. Anche la tradizione orale popolare ricorda che al monastero entrava una ricchezza corrispondente ad un kg. d’oro al giorno. Il monastero fu distrutto dal terremoto del 1783 ed i sette monaci superstiti, dei venti che contava, si trasferirono al SS Salvatore di Messina anch’esso fondato da San Bartolomeo. Restano i muri perimetrali, un portale con un capitello ed un rudere detto “U CAMPANARU”, ed una fontana la cui acqua, dalla località Cellia, arrivava attraverso una condotta costituita da due tegole sovrapposte. Relativamente alla sua storia il paese subì le vicende di questa estrema parte della penisola. Patì la dominazione bizantina, normanna e sveva e le incursioni dei Saraceni. A tale proposito esiste in località Meladoro uno speco detto “Grotta dei Saraceni”. Sorgeva verso il 1250 la potenza della famiglia Ruffo con Tropeano Pietro, servo della casa Sveva, divenuto con intrighi e maneggi Conte di Catanzaro. Approfittando delle difficoltà di Manfredi, si impossessò di parte della Calabria e tra le lotte che vi furono in queste contrade è ricordata una battaglia sui Piani della Corona appena dopo la metà del XIII secolo. Successivamente nel 1283 i Piani della Corona furono ancora teatro di battaglie tra gli Angioini e Pietro d’Aragona prima e Giacomo, Re di Sicilia, dopo. Queste terre con la pace di Caltabellotta tornarono agli Angioini, ma saranno ancora teatro di lotte tra Spagnoli e Francesi dal 1495 al 1503. Nel 1535 Carlo V, partito da Fiumara di Muro e diretto a Seminara, attraverso l’antica via Popilia, toccò San Bartolo, Sant’Eufemia e a Sinopoli si fermò in una località detta Alloggiamento. Il governo spagnolo aggravò con numerosi balzelli la situazione economica delle terre calabresi, inviando uno stuolo di rapaci funzionari. Fu un periodo ricordato come “Calabriae planctus” e lo strapotere dei nobili e la debolezza del governo di Napoli favorirono il banditismo. Il paese durante i secoli XVI, XVII, XVIII, fu casale di Sinopoli e subì la signoria dei Ruffo. Desideroso di sentirsi libero, il paese nel 1790, sotto il sindacato di Vincenzo Panuccio, intentò e vinse una causa per liberarsi dal loro dominio. In seguito il paese mutò il nome di Sant’Eufemia di Sinopoli in quello di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Nella sua storia il paese subì la violenza di numerosi sismi. Nel 1783 con le fortissime scosse del 5 e 7 febbraio venne quasi completamente distrutto: morirono 945 abitanti dei 3160 che contava con un danno di 300.000 ducati. Il paese doveva sorgere in un luogo denominato Petto del Principe secondo la pianta dell’architetto eufemiese Giuseppe Oliverio, rettificata dall’ingegnere Ferraresi, ma, per i numerosi contrasti sorti, fu riedificato in gran parte nel Paese Vecchio. Sant’Eufemia prese parte ai moti del Risorgimento ed ebbe con Carlo Muscari, strangolato a Napoli nel 1800, il primo martire. Nel territorio del comune, sull’Aspromonte, il 29 agosto 1862 Garibaldi fu ferito dai soldati regi di Pallavicini. Sul luogo dello scontro sorge un monumento visitato dai turisti. (vedi Impresa Garibaldina) Il paese fu elevato a Pretura nel 1860, ma nel 1891 gli fu tolta la sede mandamentale. Il terremoto del 1894 distrusse 213 case e danni provocarono quelli del 1905 e del 1907. Il paese fu del tutto distrutto dal terremoto 28 dicembre 1908. Morirono 839 persone dei 6.285 che allora contava. Della grande tragedia lasciò un commovente ricordo il medico Bruno Giuffrè nel libro “Quarant’anni in condotta”. Gli Eufemiesi furono allora aiutati dai Milanesi che costruirono numerosi gruppi di baracche e portarono soccorso in denaro ed in indumenti e costruirono una chiesa dedicata a Sant’Ambrogio. La statua fu donata il 08/05/1909 dal Beato Cardinale Ferrari. La città di Milano donò il 09/03/1909 la propria bandiera, croce rossa in campo bianco, al Comune di Sant’Eufemia. Questa chiesa è stata ricostruita in muratura alla fine degli anni ‘60. Nel territorio del comune a metà degli anni ’80 è stato scoperto in località Serro di Tavola, un fortino che gli studiosi dicono essere greco risalente al V – III secolo A.C. Il fortino, quasi certamente, aveva il compito di controllare le via di accesso all’Aspromonte e la coltivazione dei prodotti agricoli sui piani. Un altro fortino, forse simile, sembra essere stato rinvenuto in una località detta “Acqua del Monaco” ad un’altezza di circa 1400 m. sul livello del mare. Oltre a controllare le vie di accesso all’Aspromonte e quindi le comunicazioni con la costa ionica e i prodotti agricoli dei piani, tale fortino poteva essere “un santuario di frontiera” e delimitare le zone di influenza che appartenevano alle città di Reggio e di Locri sulla piana del fiume Petrace. Un vaso di terracotta risalente al V secolo A.C. rinvenuto in località Vela dei piani d’Aspromonte, un altro reperto rinvenuto in località Macularia e un’ascia di bronzo inducono a credere che nella zona, forse, erano già allora presenti villaggi di contadini e di pastori dai quali in seguito si potrebbe essere sviluppato il paese di Sant’ Eufemia.